DIDIER DROGBA: UN CUORE GRANDE QUANTO L’AFRICA

L’Africa è veramente un posto incantato, un luogo dove l’umanità si esprime libera da tutti quegli orpelli con cui inizialmente si è abbellita ma che col passare del tempo si sono tramutate in tremende zavorre.

Il passare del tempo, anche questa è una caratteristica del continente nero quella cioè di vivere sempre in un eterno presente dove le cose non cambiano mai.

Ci sono però momenti della sua storia, dove persone ed eventi si vengono a incontrare creando così storie affascinanti, per questo l’Africa è l’autrice dei più bei racconti della terra.

E’ proprio di questo che intendo parlarvi oggi, di una storia Africana.

Il nostro racconto si svolge in Costa d’Avorio, che come tutte le storie africane ha un suo anno di nascita ben preciso, quello della nazione bagnata dall’Oceano Atlantico è il  1960 ovvero il giorno dell’indipendenza dal governo coloniale.

Dopo il governo francese sale al potere tale Félix Houphouët-Boigny, che non è tra i leader africani più celebri perché in quegli anni, i nomi dei presidenti africani che venivano consegnati alla storia erano per lo più quelli dei sanguinari e dispotici .

Boigny invece non lo è, riforma lo stato utilizzando talvolta sì il pugno di ferro, ma mantenendo l’unità del suo paese diviso soprattutto al livello religioso tra mussulmani e cattolici meritandosi così l’appellativo di “Tito africano”.

Il governo di Boigny dura poco più di trenta anni ma non bisogna considerare con sorpresa questo fattore in relazione ad governo democratico, in Africa, infatti, hanno molto più interesse per lo stato di benessere e di tranquillità che qualcuno gli offre piuttosto che per una forma di governo ben definita, anche perché molto spesso le democrazie sulla carta si sono rivelate dittature tremende.

Arriviamo così al 1993, anno della morte di Boigny. Come capita spesso, quando un lungo periodo politico arriva al suo naturale deterioramento, si apre una situazione di crisi interna alla nazione, solo che qui parliamo di Africa e troppo spesso in questo continente dietro alle parole “Crisi interna” se ne celano altre più terribili ovvero quelle di “guerra civile”.

La situazione scoppia dopo una serie di eventi.

Nel 1999 il successore di Boigny, Henry Konan Bédié, viene destituito da Robert Guéï il quale non attende l’esito delle elezioni e si proclama vincitore, la reazione dell’opposizione non si fa attendere così il candidato ,e reale vincitore delle elezioni, Laurent Gbagbo, con massiccio sostegno popolare, scaccia Guéi e ottiene il potere, storia di “un ordinaria” tornata elettorale africana.

La situazione è però ancora instabile, dopo la morte di Boigny le differenze etniche si accentuano in maniera considerevole, il paese ha nel nord, più arretrato, una preponderanza di mussulmani, mentre nel sud, più ricco ed avanzato, una maggioranza cristiana oltre che la maggior parte dei centri del potere.

Il contesto cambia radicalmente nel 2002 quando il braccio armato mussulmano di Force Nouvelle effettua un tentativo di colpo di stato che non riesce nella capitale amministrativa, Abidjan, ma che di fatto divide il paese a metà: il nord Mussulmano, in mano a Force Nouvelle, con capitale Bouakè ed il sud ,sotto la presidenza di Gbagbo, con capitale Yamoussoukro.

Lo scontro è forte e lascia un forte segno all’interno della popolazione che si ritrova divisa e frammentata con parenti ed amici che sono sostanzialmente separati da una linea immaginaria ma che per la propria incolumità è un bene non superare.

La situazione si trascina così per alcuni anni, dove non mancano morti e tragedie su entrambi i fronti ed anche a livello sportivo la divisione interna è lampante.

Nella nazionale di calcio, che nel 2006 si qualifica ai mondiali in Germania, si creano due schieramenti capeggiati dai leader tecnici: Didier Drogba, cattolico, i fratelli Kolo e Yaya Tourè, mussulmani.

Nonostante le divisioni, i due blocchi si uniscono ed in un video fatto circolare per l’intero paese dove Drogba ,affiancato dai fratelli Tourè, invita le due fazioni a deporre le armi e ad indire nuove elezioni.

Poco tempo dopo le richieste dell’intera nazione ivoriana, cui la nazionale aveva dato eco, vengono prese in considerazione ed accade qualcosa.

Gbagbo si accorda, con i capi dei ribelli mussulmani al nord, per la pace e così il paese ritrova una sua unità, anche se piuttosto parziale.

Servirebbe un gesto forte per consolidare le fratture del passato da parte di una personalità importante all’interno della popolazione ivoriana.

Da questo punto in poi prende la scena in maniera totale un uomo, prima che un calciatore, che mai nella vita ha declinato un invito  a prendersi delle responsabilità e questa persona risponde al nome di Didier Drogba.

Didier nonostante i numerosi anni passati in Europa rimane comunque il più africano di tutti per atteggiamento e livello mentale oltre che nella vita, nelle dichiarazioni ed anche, naturalmente, sul rettangolo verde, dove ha già regalato innumerevoli gioie ai tifosi del Marsiglia e del Chelsea.

Poche ore dopo l’annuncio degli accordi di pace, prendendosi un’amplissima libertà, per lo più non concessa, dichiara pubblicamente che la nazionale sarebbe andata a giocare la partita di qualificazione ai mondiali contro il Burkina Faso proprio nello stadio di Bouakè, capitale e roccaforte del fronte islamico, dove le milizie di Force Nouvelle si accampavano durante la guerra civile e che quindi era rimasto inutilizzato per ogni attività sportiva.

Drogba lancia un segnale, utilizzando gli unici due mezzi che davvero possono riconciliare tutti gli ivoriani: il calcio e la nazionale degli elefanti, e, come suo solito, fa gol.

La gara è una “partita pretesto”, il pretesto è quello di portare i cattolici al nord per il match per farli ritrovare e riconciliare con amici e parenti che per quasi dieci anni non erano riusciti ad incontrare.

Non è tutto così semplice. Drogba non è praticamente mai stato al nord e non immagina come possa essere accolto, la guerra civile è finita da troppo poco per aspettarsi un clima distensivo.

Gli ivoriani hanno, però, capito in pieno il messaggio e all’arrivo di Drogba da Londra sono in ventimila ad attenderlo all’aeroporto.

La partita se possibile è ancora meglio. La squadra già di per se fortissima, viene totalmente trascinata dal pubblico, offre un gioco spettacolare e si porta sul 4-0.

Manca solo la ciliegina che sarebbe più golosa della torta intera, il gol di Drogba.

L’Africa quando scrive un romanzo, da grande scrittrice qual è, non si fa mancare nulla e, infatti, Drogba segna il 5-0 a cinque minuti dalla fine.

E’ un tripudio, una marea arancio si riversa per le strade festeggiando non solo la fine di una guerra ma l’unità rinnovata di un’intera nazione, ballando fino a notte tarda sulle note del cantante reagge Alpha Blondy.

La pace durerà poco e nel giro di pochi anni si rinnoveranno le divisioni politico-religiose, questo perché l’Africa è così: fantastica e con un cuore enorme in determinate situazioni ma allo stesso tempo schizofrenica e ingestibile per quanto riguarda altri fattori soprattutto quello politico.

Nonostante tutto però Drogba donò in quegli anni la speranza di pace al suo popolo attraverso un “gioco” che fece intuire ai molti come sia solamente l’Africa a poter salvare l’Africa e di tutti quelli che ha fatto in giro per il mondo questo è di gran lunga il gol più bello ed importante che abbia mai siglato.

didier

 

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