UNA VITA ALLA ROVESCIA

 

La rovesciata è tra i gesti più spettacolari ed entusiasmanti che il calcio abbia saputo offrire nei suoi cento e più anni di storia, è paragonabile ad un opera d’arte, anzi è un opera d’arte in movimento partorita dal genio calcistico di un basco trasferitosi in Cile, tale Ramon Unzaga.

Vista la provenienza dell’autore del gesto in tutte le terre in cui si parla lo spagnolo, viene definita cilena.

 A questa storia c’è da aggiungere di più. E’ chiaro che a chi riesce in questo gesto con una certa costanza abbia una prospettiva della vita piuttosto diversa da quella di tutti gli altri e molto fa anche il luogo di nascita, per il cileno in questione si tratta di Tulcahuano.

Tulchauano è una città cilena in cui Unzaga si trasferisce a dodici anni, questa prende il nome da un guerriero mapuche e nella lingua di questi indios significa “cielo tonate”.

Curioso, cielo tonante è la città dove nasce l’inventore dell’unico gesto tecnico nel calcio dove si deve proprio guardare all’insù verso quell’immenso tappeto bluastro che ci pende sulla testa.

Certo ci sono cieli e cieli: quello di Tulcahuano lo immagino azzurro, splendente talmente immenso da perdersi all’ orizzonte dell’oceano tanto da non far comprendere dove inizi l’uno e finisca l’altro.

Ci sono però anche altri tipi di cieli, cieli dove l’uomo ha gettato di tutto condannando spesso a morte chi sotto di questi ci vive, cieli come quelli umbri come quelli di Terni ad esempio, ed è proprio qui che si ambienta la storia di un campione alla rovescia, Riccardo Zampagna.

L’Umbria è una regione quanto mai indecifrabile, è il cuore geografico dell’Italia ed è anche l’unica regione del centro sud a non avere il mare, per di più offre una mescolanza introvabile nel resto d’Italia tra arte del passato e un presente che da più di cento anni si accompagna a una parola più di tutte ovvero: Acciaio.

Una delle città più identificative sotto questo aspetto è senza dubbio Terni, una città dove molte famiglie campano grazie alle acciaierie dislocate nella zona e che è stata per molto tempo denominata la “città di acciaio”.

Come già detto in questo luogo, nasce, il 15 novembre 1974, Riccardo Zampagna.

Se sei nato negli anni settanta a Terni e non hai una famiglia di alto ceto, ci sono grossissime possibilità che tuo padre lavori l’acciaio in una delle fabbriche della zona.

Il papà di Riccardo, Danilo, lavora proprio in una di queste e cresce il figlio compiendo enormi sacrifici e spaccandosi la schiena tutti i giorni al lavoro.

Tra un turno e l’altro capita però che il padre passi del tempo col figlio, i due spesso si divertono a giocare degli uno contro uno a calcio come tutti i padri e i figli del mondo.

Un giorno però capita qualcosa di speciale e inaspettato per Terni e per Zampagna, la città viene coperta da una coltre fitta di neve. Con una nevicata così le scuole restano chiuse, molti dei genitori quella mattina riportano a casa il proprio figlio, Danilo invece no.

Assieme ad altri genitori ed altrettanti bambini organizza una classica delle partitelle, Grandi contro Piccoli.

Genitori contro figli quindi, ovviamente non ci sono testimoni della partita, ma la possiamo immaginare, i bimbi che s’impegnano alla morte per rubare la palla ai grandi che cercano in tutti i modi di andarci piano e non fare loro del male, non lesinando qualche volta alcuni numeri di alta scuola calcistica per diventare nei giorni successivi oggetto di discussione tra i piccoli eredi.

A un certo punto la palla esce dal campo, un genitore la raccoglie e batte una rimessa laterale con le mani verso papà Danilo che è di fronte alla porta ma è anche completamente fuori dalla portata del pallone.

Vista la situazione e approfittando della neve soffice che ricopre il campo, tenta una rovesciata;  incredibilmente il piede incoccia la palla che si va a infilare in porta.

Se tutti restano stupefatti, Riccardo rimane abbagliato, immobile e quel colpo se lo vede passare nella testa più e più volte nei giorni e nelle notti successive, s’innamora di quel gesto che aveva visto solo nei film e si ripromette di provarlo in futuro.

L’infanzia di Riccardo prosegue felice, i sacrifici non mancano ma papà e mamma non gli fanno mancare nulla, inizia anche a giocare a calcio, è ruvido e sgraziato nei movimenti ma ha un piede ben ammaestrato.

Da giovane, però, non sfonda, e una volta arrivato a diciotto anni capisce, come la maggior parte della gente, che il calcio per lui sarà solo un divertimento e niente di più.

Decide così di trovare lavoro in una tappezzeria di Terni e di proseguire a giocare nella squadra di Eccellenza dell’Amerina, divide così il suo tempo tra lavoro e una sgambata al campo di allenamento alla sera mentre alla domenica con gli amici si reca in macchina allo stadio Libero Liberati, in Curva Est, sede del tifo ternano, per tifare le Fere.

Per cinque stagioni gioca, seppur giovanissimo in pianta stabile nella formazione umbra dimostrandosi ottimo attaccante per la categoria, viene così visionato da una formazione perugina il Potevecchio.

 Non sarà la Juventus e nemmeno la Ternana, però gioca una categoria più su, in quella che oggi è la serie D e che un tempo si chiamava CND (campionato nazionale dilettanti).

Ci si avvicina al professionismo ragion per cui si cominciano ad intravedere anche i primi soldi, non un grande stipendio ma quanto basta per arrotondare.

La situazione sembra ideale ma Riccardo ha qualche dubbio, il viaggio è lungo e oltre a non avere una macchina personale con il lavoro non riuscirebbe a conciliare il tutto.

Ancora una volta è decisivo il padre Danilo che se lo prende da parte e gli dice :” Riccardo non seguire le mie orme. Alle acciaierie nessuno ti darà mai una pacca sulla spalla per un tubo fatto bene”.

Invece Riccardo nel calcio sente di potersela giocare e quella maledetta pacca sulla spalla pensa pure di meritarsela così si convince e accetta la proposta, per la macchina ci pensa papà Danilo che con i soldi risparmiati ne compra una di seconda mano.

Così Riccardo ora deve solo giocare e buttare sul campo tutte le energie che gli restano dopo il lavoro. Il suo capo accetta di dimezzargli l’orario così dopo essersi svegliato alle sei di mattina e dopo aver finito il turno all’una con un borsone in una mano e un panino nell’altra sale in macchina ed affronta il lungo tragitto nell’entroterra perugino,si allena ed alle 8 di sera torna a casa distrutto gettandosi nel letto, alla faccia di quei giocatori di serie A che si lamentano delle tre partite in una settimana.

Quell’anno diventa infuocato per i tanti impegni ma l’attaccante di Terni si prende le sue soddisfazioni siglando tredici gol in ventidue partite, nello stesso arco di tempo ad un giovane direttore sportivo di una squadra del nord Italia capitano sulla scrivania una serie di cassette, inviate dai selezionatori, le osserva scrupolosamente, come suo solito, rimanendo colpito da quel ragazzotto con un fisico granitico accompagnato da una tecnica molto elevata.

Il direttore sportivo in questione è Walter Sabatini che lavora alle dipendenze della Triestina che milita in serie C2, il dirigente non ci pensa due volte e contatta Riccardo che finalmente ha la possibilità di confrontarsi con il professionismo vedendo così ripagati gli sforzi suoi e della sua famiglia.

Da lì in poi comincia un girovagare immenso per tutto lo stivale: Arezzo, Catania, Brescello tutte in serie C1.

Lo nota il Perugia di Gaucci che nel 2000 ne acquisisce il cartellino, sarebbe il primo anno di A ma Riccardo non convince, se la dovrà sudare fino all’ultimo quella dannata massima serie e riparte cosi dalla serie B.

Anche qui prosegue il suo giro da vero e proprio gitano del pallone, solo che a differenza delle passate esperienze iniziano ad arrivare le stagioni della maturità calcistica dove Zampagna segna gol come non ha mai fatto in vita sua: col  Cosenza dieci a Siena 7 e con il Messina tocca il massimo in carriera di diciannove reti, nella stagione 2002-2003.

L’ormai ex tappezziere sembra pronto per il grande salto ma il destino ha in serbo per lui qualcosa di meglio della serie A, qualcosa che lui ha sognato per tutta la vita o meglio che ha seguito per tutta la vita ma da un punto di vista diverso rispetto a quello in cui si trova adesso: la Ternana.

A Terni non è nemmeno l’idolo della curva est, come fai a considerare idolo uno che è tuo amico o  tuo parente ?

Per far capire meglio la situazione che si trova a vivere Zampagna a Terni basta aspettare la prima in casa del campionato 2003-2004.

La Ternana affronta il Messina, squadra comproprietaria del cartellino di Zampagna, il clima è molto caldo , come sempre al Liberati, e l’attaccante mette subito le cose in chiaro, si presenta davanti al portiere e scaraventa la palla in rete, 1-0.

Nel momento immediatamente successivo al gol Riccardo corre verso la sua amata Curva Est ,che sta esplodendo di gioia, arrampicandosi sulle barriere divisorie per ricevere l’abbraccio ideale e non della sua gente.

Conosce in pratica tutti quelli che vede ma osservando meglio nota un ragazzo che non riesce a smettere di piangere, è suo cugino che per l’emozione non riesce a trattenere le lacrime.

Zampagna al Liberati gioca come nel giardino di casa e le cose non possono che andare bene, il granitico attaccante segna vagonate di gol e la Ternana vola in classifica e a trequarti del campionato si trova al quarto posto (è l’anno della serie B a ventiquattro squadre, in A vanno le prime cinque più la sesta che si gioca lo spareggio con la terzultima di A).

La squadra non regge però la pressione e si squaglia con il primo sole primaverile, conclude comunque al settimo posto, uno dei risultati migliori della storia delle Fere.

Riccardo dal canto suo migliora il record personale di marcature raggiungendo le ventidue reti in campionato e riaccendendo su di lui gli interessi del Messina che in quell’anno è stato promosso nella massima serie.

Il Messina preme ma Riccardo non ne vuole sapere, implora il presidente ternano di fare ogni cosa per farlo restare, ma il Messina è economicamente più forte e per il bene anche della Ternana è costretto ad accettare la proposta dei siciliani.

Si spalancano così per lui le porte della serie A, alla veneranda età di 30 anni.

Superato il trauma per il distacco dai suoi fratelli, Riccardo si concentra sulla stagione che dovrà affrontare, sa benissimo che si tratta dell’ultima possibilità della carriera e non la vuole assolutamente sprecare.

Arriva così la prima di campionato, il Messina affronta la blasonatissima Roma in uno stadio San Filippo gremito di gente.

La partita è pirotecnica e sta volgendo al termine sul risultato di 3-3, quando Zampagna compie un movimento tagliando in profondità, che mette fuori causa i difensori, e viene servito dal compagno trovandosi da solo di fronte a Pellizzoli, portierone alto 1,95.

Potrebbe fare qualsiasi cosa: calciare di potenza, di precisione e con la libertà concessa dalla difesa, avrebbe addirittura il tempo di dribblare e depositare in rete a porta vuota e invece no. Zampagna vive in un mondo alla rovescia un mondo in cui se ti trovi di fronte un portiere di due metri gli si deve fare il pallonetto ed è proprio quello che fa.

Dal suo piede destro parte una palombella velenosa che si va ad infilare in porta con precisione millimetrica, è l’apoteosi, il ragazzo di Terni emette il suo primo ruggito in serie A ed esulta con lo sguardo di chi ha intenzione di non fermarsi più.

Quella sarà la prima di dodici reti in una stagione che si concluderà con il settimo posto per il Messina,record storico per la formazione dello stretto.

In quell’annata ci sono alcuni aneddoti particolari che contraddistinguono la stagione ed in cui c’è tutto Zampagna.

Il primo è un retaggio del suo passato Ternano, Riccardo i gol in acrobazia li ha sempre segnati ma adesso sembra provarci gusto.

Nelle partite contro le grandi squadre dismette i panni dell’attaccante di provincia per indossare l’abito delle grandi occasioni distribuendo diamanti come fossero mance agli attoniti spettatori come farebbe un signore di quelli con la “S” maiuscola.

Arrivano così il gol della vittoria a San Siro contro il Milan con un tuffo di testa,quello in rovesciata nella partita di ritorno gesto ripetuto con il Lecce in casa o ancora la rete al volo all’Olimpico con la Roma nella prima giornata di ritorno ed infine il gol alla Juventus molto bello ma vano al fine del risultato.

Il secondo aneddoto riguarda proprio quest’ultima partita, Riccardo con le grandi vestirà pure l’abito buono ma dentro rimane sempre il vecchio combattente che si è fatto il mazzo per arrivare dove è; per questo affronta ogni partita al massimo senza mai risparmiarsi.

Quel giorno però c’è qualcosa che non va; è la sesta di andata e il Messina affronta la Juventus a Torino. Le due squadre sono incredibilmente divise in classifica da soli due punti, Juventus prima a 13 mentre il Messina insegue ad 11, ci sarebbero quindi tutti i presupposti per giocare una partita ad armi pari.

Quella sera, però, i giallorossi sono arrendevoli, molti di loro quasi demotivati, infatti, la Juve già nel primo tempo potrebbe aver chiuso la partita, solo alcuni errori grossolani evitano il peggio al portiere messinese Storari.

La prima frazione si chiude sull’uno a zero per la squadra di Torino che nel secondo tempo sfruttando la libertà concessa dalla difesa siciliana si porta sul 2-0 con una rete di Nedved, l’unico che sembra davvero crederci è Zampagna che in sostanza da solo impegna due volte Buffon e alla terza occasione buona stoppa una palla in mezzo all’area e girandosi di prepotenza trafigge il portiere della nazionale.

È il 70esimo minuto, ci sarebbe ancora una vita per recuperare ma il Messina non alza i ritmi e la partita prosegue sulla falsa riga della fase antecedente il gol, Zampagna fa il diavolo a quattro ,anche se sembra avere compreso l’antifona, ma comunque non ci sta, lo deve ai 10000 messinesi che sono partiti dallo stretto per arrivare a Torino al seguito della squadra.

La Juve ha ancora due grosse occasioni che vengono malamente sprecate ma al 90 su un lancio lungo Zampagna si libera di Cannavaro che scivola e resosi conto di essere saltato ostacola l’attaccante che cade a terra.

L’arbitro fischia il fallo, dovrebbe anche estrarre il secondo giallo per il difensore ma si limita ad accelerare i tempi per la punizione.

Il calcio da fermo è molto buono, è 10 metri fuori l’esterno dell’area.

S’incarica della battuta Parisi che con il mancino solitamente pennella cross al bacio, oppure calcia in porta dei palloni che pesano come scaldabagni, per di più al centro dell’area c’è il solito parapiglia.

Di tutte le opzioni a disposizione Parisi sceglie quella più scellerata, tenta un improbabile tiro in porta che finisce abbondantemente fuori , con la palla che arriva a lambire le barriere della curva, più che aver calciato una punizione sembra essersi tolto un peso.

Zampagna non ci vede più inizia ad applaudire in maniera ironica, ha gli occhi rigonfi di rabbia e nell’uscire dal campo si toglie la maglietta coprendosi la bocca mentre insulta tutti.

Le interviste del post partita sono da teatro dell’assurdo. Bortolo Mutti, allenatore del Messina, parla di “determinate situazioni” che non si poteva chiedere ai suoi ragazzi di affrontare, mentre Zampagna è costretto a mentire in maniera esagerata quando gli viene chiesto della sua reazione.

Siamo nella stagione 2004-2005, l’anno successivo inizierà il processo Calciopoli e l’arbitro di quella partita Trefoloni verrà indagato per aver presentato falsi documenti di salute per evitare alcune partite dove venivano esercitate pressioni sulla terna arbitrale (anche se poi non verrà condannato).

Riccardo è così: pane al pane e vino al vino e se c’è da andare contro ai potenti non si fa problemi il suo è un mondo alla rovescia mica per caso.

L’anno successivo le cose non si mettono bene e Zampagna viene ceduto in serie B all’Atalanta,lasciando il Messina a Gennaio al penultimo posto.

All’Atalanta è già idolo dei tifosi ancora prima di arrivare, gli ultras bergamaschi sono tra i più temuti e rispettati d’Italia ed hanno pochissime tifoserie gemellate una di queste è proprio quella della Ternana.

Riccardo però vuole dimostrare di meritare tutta quella stima e già alla seconda partita mette a segno la rete del 2-1 a cinque minuti dalla fine che regala la vittoria all’Atalanta proprio sotto la curva Nord, sede del tifo bergamasco.

La giornata più importante arriva, però il 29 aprile 2006, in un caldo sabato pomeriggio si gioca Atalanta – Brescia, per alcuni si tratta forse di una semplice partita tra squadre della stessa regione, ma non è così.

Per lo meno non è più così da alcuni anni, per la precisione da quando dopo alcuni scontri nello stadio di Brescia le due tifoserie hanno dato vita ad una delle rivalità più accese d’Italia.

Zampagna fa suo il principio che “il nemico del mio amico è mio nemico” e triplica gli sforzi in quella partita, ma non c’è solo un discorso campanilistico, vincendo quel derby L’Atalanta si porterebbe ad un passo dalla promozione matematica in serie A.

Le cose si mettono subito bene e Loria, il difensore-goleador, porta subito in vantaggio i bergamaschi, servirebbe ora un colpo per chiudere la partita e possibilmente un colpo alla Zampagana.

Scocca il 42’ del primo tempo e l’Atalanta orchestra un’azione sulla destra, la palla arriva al centro dell’area sui piedi di Riccardo che sbaglia completamente lo stop facendo impennare la palla, subito gli occhi gli s’illuminano, può rovesciare, proprio come papà su quello strato di neve, quando da piccolo mai avrebbe immaginato di entrare nel cuore di così tanta gente grazie ad un pallone.

È così che avviene la magia, l’acrobazia è perfetta e nulla può il portiere bresciano con la palla che con precisione chirurgica s’infila a fil di palo.

2-0 e corsa sfrenata sotto la Nord che esplode di gioia.

La settimana successiva a Catanzaro va in scena la replica. Zampagna sigla il vantaggio ospite ma i calabresi pareggiano i conti, Riccardo non ci sta e s’inventa di nuovo una rovesciata da posizione defilata che regala vittoria e promozione matematica agli atalantini.

A Bergamo Riccardo non è solo considerato un gran giocatore è parte integrante della comunità e dei tifosi che vedono in lui la trasposizione del loro modello di calcio molto legato alle tradizioni e lui di questo non può che esserne orgoglioso.

Le cose vanno ancora meglio nel successivo anno di serie A, dove tra rovesciate e colpi di genio contribuisce all’ottavo posto in campionato con undici centri, non lesinando i soliti dispiaceri alle grandi squadre, perché infondo per un ex tappezziere fare uno sgarro ai potenti ha sempre un qualcosa in più.

Le cose vanno per il verso giusto anche all’inizio dell’anno successivo con Del Neri in panchina, Riccardo è sempre più idolo ma dopo le prime partite di campionato qualcosa comincia ad andare storto.

Il ragazzo con la faccia da bonaccione in campo diventa nervoso, segna poco ed è spesso sostituito dall’allenatore di Gorizia che gli preferisce il più giovane Floccari, è una situazione complicata che esplode in maniera definitiva quando a Riccardo viene a mancare il padre Danilo, malato da qualche tempo di tumore.

Il castello crolla e dopo un richiamo in allenamento Zampagna sbrocca definitivamente contro l’allenatore che lo allontana dalla squadra, si accede una specie di mobilitazione tra compagni e tifosi per il reintegro ma questa volta il ragazzotto di Terni l’ha fatta davvero grossa e lui consapevole del fatto accetta senza polemizzare.

Si trasferisce a Vicenza prima e a Sassuolo poi ma il calcio del presente non lo rappresenta più e a trentasei anni non ha più la forza di combattere da solo una guerra contro la modernità per questo dopo solo dieci partite con la Carrarese si ritira.

Lo fa senza annunci, solo con una partita tra amici al Liberati, dove gioca un tempo con la Ternana e un tempo con l’Atalanta.

Poi basta. Ritorna sotto il cielo di Terni quello che all’inizio della nostra storia avevamo descritto come malvagio ed è proprio così.

Dopo alcuni anni, infatti, si apre un’indagine sulle acciaierie umbre si scopre che molti degli operai e degli abitanti che risiedevano vicino alle fabbriche avevano nel corso degli anni avuto grossi problemi di salute e alcuni di questi, come papà Danilo, erano morti a causa dell’inalazione dell’amianto presente nelle strutture.

Per Riccardo e per Terni è un colpo duro ma lui risponde a modo suo, si mette dalla parte degli operai partecipa alle manifestazioni sia per chiedere giustizia sia per salvare 500 operai dall’incubo del licenziamento dichiarando “l’acciaieria mi ha dato da mangiare ma allo stesso tempo mi ha tolto un padre, le istituzioni si devono svegliare”.

Perché Riccardo è così, non accetta le ingiustizie è prosegue, per citare De Andrè, nella sua personale direzione ostinata e contraria, ora lavora in una tabaccheria e allena nelle serie minori sognando però, un po’ per scherzo (ma nemmeno troppo) il Bayer Monaco tra una decina di anni perché il calcio è così a volte ci si trova spalle alla porta ma basta alzare il pallone per rovesciare e ribaltare tutto.

Zampa4

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