IL NICHILISTA ETICO DELL’AREA DI RIGORE

 

“Il nichilismo etico è una posizione metaetica che sostiene l’inesistenza della moralità come realtà oggettiva; perciò non vi è azione che sia necessariamente preferibile a un’altra. In questo modo, un nichilista morale crede che tutte le dichiarazioni etiche siano false.”

Leggendo questa definizione dal mio libro di filosofia non ho potuto fare a meno di associare il nichilismo ad un ruolo ben specifico del calcio, ovvero quello dell’attaccante o meglio all’attaccante di una volta.

Sì perché in quello che è considerato dai più lo sport più bello del mondo, ormai l’attaccante puro non esiste più, questo ruolo è stato infatti risucchiato dal tatticismo e dal atletismo e dal perbenismo che ormai imperversano.

Abbiamo assistito alla nascita dapprima dell’attaccate che deve fare reparto da solo ed aiutare la squadra seguito dalla punta che si prostra in segno di perdono in caso di rete siglata nei confronti della ex squadra per arrivare, infine, alla condizione peggiore di tutte che, nel calcio moderno, viene chiamata “falso nueve”, insomma per l’attaccante segnare sembra diventato facoltativo.

C’è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, dove l’attaccante doveva solo ed esclusivamente fare gol ed era da questo fattore che dipendevano i suoi successi o di contro i suoi insuccessi, credeva solo i quello e a nient’altro, negli anni ’90 in Italia abbiamo avuto il “boom” dei bomber di razza.

Nel 1992 ad esempio fece la sua ricomparsa in serie A, un giovane ragazzo, normotipo che giocava l’espressione e le movenze del pendolare che si presenta alla fermata del treno sempre un secondo prima dell’orario di partenza, il cognome Ganz, di origine tedesca, a contrario del nome: Maurizio.

Dopo due ottime annate a Brescia, nel ‘92 si trasferisce dagli odiati cugini bergamaschi dell’Atalanta, dove inizia ad esprimere in tutto e per tutto il suo “nichilismo calcistico”, che lo renderà noto al grande pubblico.

Ganz è infatti ,come già detto, un normotipo, di media i suoi marcatori lo superano di 10/25 cm, ha piedi discreti e una buona accelerazione, fuori da quel rettangolo di campo di altezza pari ha 16,5 metri è un giocatore assolutamente innocuo , ma varcata la riga dell’area si trasforma, assumendo l’espressione di un cowboy dei film di Sergio Leone ma con lo spietato opportunismo Tarantiniano.

In quei 16 metri non si fanno prigionieri, non ci sono gli avversari ne i compagni, ogni errore viene punito, ogni spazio lasciato libero diviene una sentenza, la trasposizione del nichilismo sul rettangolo verde.

In tre anni a Bergamo segna la bellezza di 37 reti, in tutti i modi contemplati dal regolamento, questa sua speciale confidenza col gol viene notata anche dai top club, che gli mettono gli occhi addosso.

Nel 1995 arriva la chiamata della prima Inter morattiana, anche qui gol a raffica, molti anche alle sue ex squadre, molti decisivi, d’altronde è stato già detto: in quei 16 metri nessuna morale, nessuna amicizia, nessun ricordo strappalacrime, solo appagamento personale, solo gol seguiti da esultanze rabbiose.

I 2 anni e mezzo, in neroazzurro sono di alto livello: arrivano 39 gol in 98 partite totali, condite da un titolo di capocannoniere nell’edizione 1995/1996 della coppa UEFA, nel 1997 a Milano però arriva Ronaldo, lo spazio in attacco è sempre meno, l’allenatore Gigi Simoni prova Ganz  come esterno, ma portarlo lontano dalla porta significa condannarlo a morte.

Nel Dicembre di quell’anno un po’ per ripicca un po’ per opportunità si trasferisce al Milan, tre giorni dopo arriva subito il Derby di Coppa Italia. Con uno così il finale è già scritto, a Maurizio basta il primo tempo per mettere le cose in chiaro, raccoglie una palla vagante in area e di prima intenzione segna il 2-0 per il Milan, con seguente esultanza poco pacata sotto la sud, i rossoneri trionferanno poi 5-0.

Dopo questa partita si attira le antipatie dei suoi ex tifosi ma a lui poco importa, è la sua natura: nessuna falsità, nessun perbenismo etico, prima ho segnato ed esultato per voi, ora segno ed esulto per altri ,voi siete il passato, io di questo invece ci vivo è questo il pensiero che sembra uscire dal suo sguardo spiritato.

In rossonero gioca per intero solo una stagione,quella 1998/1999, il Milan è guidato da Zaccheroni e in attacco pullula di campioni: Boban, Weah, Bierhoff, Leonardo. Ganz è una seconda scelta ma ha la dote naturale di sfruttare ogni singola occasione che gli viene concessa ed anche in queste situazioni conferma di possedere del cinismo quasi becero nel DNA.

In totale infatti segna solo 5 gol ma sono reti che fruttano in totale 11 punti , fondamentali per la rimonta finale sulla Lazio, queste 5 reti vengono segnate tutte nel secondo tempo, 4 su 5 nell’ultimo quarto d’ora, 3 addirittura in pieno recupero, non manca naturalmente il gol dell’ex ai danni della Sampdoria, che lo aveva lanciato in serie A.

La location è San Siro, è la quart’ultima di campionato ed il Milan è bloccato sul due a due quando al 94esimo sugli sviluppi di un calcio d’angolo una brutta palla arriva in area nei pressi di Ganz che con una mezza rovesciata la colpisce di mancino, è un tiro sporco che diviene letale grazie al tocco di un difensore doriano, un tiro che regala la vittoria al Milan e che condanna alla serie B la Samp, anche questa volta ,niente, non c’è spazio per i romanticismi, la sua natura gli ordina di fare gol e lui risponde solo ed esclusivamente a quella.

Alla fine della stagione festeggia un meritatissimo scudetto ed inizia una vita nomade che lo porterà a Venezia, di nuovo a Bergamo, Firenze, Ancona,che porterà in serie A, per concludere con Modena, Lugano e Pro Vercelli, arrivando ad un passo dai 200 gol in carriera e togliendosi ancora più volte lo sfizio di segnare ad una ex.

Nel 2010 smette col calcio e inizia con altri ex colleghi la “carriera” del beach soccer e successivamente dell’allenatore, sì perché per fortuna il mondo non si ferma alla linea dell’area di rigore, all’esterno di essa Maurizio è un simpatico guascone pronto a divertirsi ed a divertire chi ha il piacere di stare in sua compagnia, è una persona allegra con un volto molto comunicativo che gli consentirebbe anche una carriera televisiva, che noi comunque non gli auguriamo.

Ma in fondo la vita è così bisogna andare avanti senza fossilizzarsi sul passato anche se sono sicuro che anche in allenamento con suoi ragazzi ogni volta che si trova nei pressi dell’area tutto torni come quando con gli occhi spiritati e la maglietta ben dentro in pantaloncini, portati all’altezza della pancia , dava a tutti la sensazione di giocare sempre sul filo del secondo mettendo successivamente la palla in rete.

Perché da certe cose non si guarisce mai e perché in fondo , come gli dicevano a Milano…..

EL SEGNA SEMPER LU

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