ZVONIMIR BOBAN: NELLA SCARPA IL GUANTO, NEL PIEDE IL PENNELLO

Ci sono cose nella nostra esistenza che non possiamo determinare, che non dipendono da noi per il semplice fatto che non siamo noi a sceglierle, una di queste è sicuramente il nostro luogo di nascita.
Nonostante ciò, quasi paradossalmente, questo fattore indeterminabile è uno di quelli che ci resta attaccato alla pelle e che influisce sul nostro comportamento.
Non si tratta semplicemente dei caratteri fisici ma di un vero e proprio modo di stare al Mondo che l’uomo eredita non solo dalla propria famiglia ma anche dalla società in cui si trova a vivere, è un istinto quasi animale che ogni persona possiede e che ognuno di noi esprime in maniera più o meno eclatante.
Nel Mondo troviamo luoghi dove questi fattori sono però portati a livelli superiori, posti dove il senso di appartenenza ed il patriottismo sono parte integrante della vita delle persone, anche e soprattutto a causa di ferite ,causate dalla guerra, che fanno fatica a rimarginarsi,  uno di questi luoghi è certamente la regione dei Balcani, in particolare la Croazia che fa da cornice a questo racconto avente per protagonista un suo eroe , un eroe dal nome regale e dall’aspetto principesco che negli anni ’90 si è divertito a dipingere calcio in giro per l’ Europa, il suo nome è Zvonimir Boban.
Zvonimir nasce nel 1968 a Imoschi, un piccolo paese che sorge ai piedi di una collina confinante con la Erzegovina in un territorio aspro fatto di pietraie, un territorio che partorisce uomini dal carattere forte, dalla spiccata personalità e dalle convinzioni adamantine, tutti caratteristiche da tenere ben presenti quando si parla di Boban.
Boban è semplicemente figlio della sua terra, il nome che gli viene dato dai genitori è quello tipico dei Croati, Zvonimir era infatti il nome del sovrano croato medioevale considerato un padre della patria, per di più significa “Segnale di Dio”, nome dal significato pesante ma quantomeno azzeccato per Boban che si scopre possessore di due doti particolari: un’ intelligenza per certi versi sopra la media e un talento cristallino nel giocare a pallone.
A 16 anni esordisce nella Dinamo Zagabria giocando subito da titolare, la Dinamo è la squadra della Croazia, che al tempo era ancora un tutt’uno con le altre 6 repubbliche da cui al Jugoslavia era composta. La tecnica di Zvonimir è enorme così come la sua leadership all’interno della squadra della quale diviene capitano tre anni più tardi, all’età di 19 anni.
Boban è fin da subito uno dei volti di spicco della giovane generazione di sportivi croati, assieme a Drazen Petrovic, “il Mozart della pallacanestro” , in questo periodo però questo ruolo non è esclusivamente da racchiudere in un ambito sportivo, da alcuni anni infatti spirano nella regione balcanica forti venti separatisti, la morte di Tito ha tolto il velo ad una situazione che ormai è diventata insostenibile, la Jugoslavia non esiste più e la Croazia rivendica la sua indipendenza.
Ci sono momenti che segnano la carriera di un atleta, momenti in cui alla storia, quella con la “s” minuscola si sostituisce la storia con al “S” maiuscola, il momento per Zvonomir arriva il 13 Maggio 1990 quando allo stadio Maksmir di Zagabria si gioca una tesissima partita tra la Dinamo e la Stella Rossa di Belgrado, ad affrontarsi non sono solamente le due squadre più rappresentative della Repubblica croata e di quella serba ma anche 2 dei gruppi ultras più violenti a livello europeo: per i croati ci sono i Bad Blue Boys (B.B.B) mentre la Stella “schiera” gli “eroi” a seguito di Željko Ražnatović, che passerà alla storia con lo pseudonimo di Arkan “la tigre”.
Entrambi i gruppi si ritroveranno, qualche anno più tardi, sul campo di battaglia della guerra che negli anni ’90 devasterà la regione balcanica, rimpolpando le fila dei vari gruppi militari e para militari.
In un clima del genere lo scontro diventa inevitabile, la partita comincia ma dopo poco gli ultras serbi iniziano a farsi minacciosi dapprima con cori offensivi poi con vere e proprie aggressioni, i tifosi della Dinamo reagiscono subendo cariche della polizia ,che essendo a maggioranza serba è molto più tollerate con i tifosi della Stella.
I BBB reagiscono invadendo il campo e ponendo fine alla partita, iniziano violenti scontri anche sul terreno di gioco, la polizia manganella praticamente solo in una direzione, in questo momento Boban nota un tifoso della Dinamo a terra che sta subendo le angherie di un poliziotto, corre nel tentativo di proteggerlo e mentre tenta di portarlo via l’agente lo provoca inveendo contro di lui, Zvonimir colpito nel suo orgoglio di uomo e di croato si lancia contro l’uomo in divisa sferrandogli un calcio, gesto immortalato in un’immagine che passerà alla storia.
Il giocatore viene portato in salvo a sua volta da alcuni tifosi e dirigenti della Dinamo, ma da quel giorno la sua vita non sarà più la stessa. I croati lo celebrano come eroe nazionale i serbi come nemico pubblico per di più viene squalificato per 9 mesi dalla federazione perdendo così la convocazione per il mondiale italiano.
Nonostante ciò non è pentito anzi è certo di aver fatto la cosa giusta in seguito dichiara : ” posso solo dire che ho reagito a una grande ingiustizia, così chiara che uno (…) semplicemente non poteva rimanere indifferente e non reagire in nessun modo.” Deciso, imperturbabile e adamantino.
La situazione per lui è però invivibile e lo sta diventando anche per la sua gente, quegli scontri del 13 Maggio hanno dato via ad una domino di violenza che sfocerà nella guerra, su di lui gettano gli occhi il Real Madrid ed il Milan, Boban è affascinato dalla squadra rossonera e senza pensarci sceglie: si trasferirà a Milano.
Il primo anno lo passa in prestito a Bari dove mostra buone cose ma viene bloccato da un’epatite contratta dopo aver mangiato del pesce crudo, nonostante ciò l’anno seguente Capello decide di puntare su di lui.
E’ l’inizio di una grande storia d’amore arricchita da versi poetici che si propagano dai suoi piedi che gli consentono di vincere una Champions e 3 scudetti, risultando spesso decisivo, guadagnandosi l’appellativo di Zorro, per il suo modo di stare in campo ed entrando nella storia del calcio come facente parte della rosa degli “invincibili”.
Nonostante ciò si ha sempre l’impressione di non vederlo al massimo delle sue possibilità, d’altronde Capello è un integralista del 4-4-2 e Zvone per giocare con continuità si deve adattare a fare l’esterno o l’interno di centrocampo rinunciando in parte ad esprimere totalmente la sua fantasia, successivamente, riguardo a questo, ebbe a dire :” in quella squadra non si poteva cambiare modulo per un giocatore, si era adattato Gullit… figuriamoci se cambiavano per uno come me” come dargli torto.
Per questo che forse il miglior Boban o meglio il Boban che più avvicina il suo stile di gioco alla sua personalità lo si può ammirare nel biennio ‘98-’99. La seconda parte della carriera di Zvonimir ha un inizio più che deludente, nel Milan vi è un cambio generazionale importante, nelle stagioni 1996-1997 e 1997-1998 ,infatti, lasciano molti dei protagonisti dell’era Sacchi-Capello: Donadoni, Baresi, Tassotti ed altri che non vengono rimpiazzati a dovere; arrivano di conseguenza due stagioni deludenti da 10° posto, nonostante i ritorni in panchina del “mago di Fusigniano” e dell’allenatore friulano.
Zvonimir è deluso ma nell’estate ’98 avvengono due eventi importanti: il Milan affida la panchina ad un allenatore emergente, Alberto Zaccheroni, e la sua Croazia è impegnata al Mondiale che si disputerà in Francia.
Dopo i terribili avvenimenti della metà degli anni ’90 nei Balcani, la Croazia aveva ottenuto l’indipendenza ma era profondamente lacerata moralmente a causa delle numerose perdite umane subite; in questi momenti cerchi di appenderti a qualsiasi cosa per ricominciare ed il popolo croato si affida interamente alla sua nazionale, capitanata da Boban, che pullula di talenti al miglior momento della loro carriera.
La squadra è molto forte e quelle che gioca non sono mai semplici partite di calcio, sono regali che dona interamente al suo popolo che tra le altre cose offre grande partecipazione negli stadi francesi. I croati avanzano, passando da secondi la prima fase a gironi ed in seguito battono in successione la Romania di Hagi e la Germania campione d’ Europa, è un tripudio, la Croazia , una nazione neonata, è già tra le prime quattro squadre del Mondo, alla sua prima partecipazione al Mondiale.
Boban non segna ma in campo ha tutti i compagni in mano , arriva la semifinale con i padroni di casa della Francia, la Croazia passa in vantaggio con Suker e sembra potercela fare ma viene rimontata da una doppietta di Thuram e in occasione del secondo gol è proprio Zvone a perdere un pallone sanguinoso. Nella “fianalina” arriva la vittoria per 2-1 sui Paesi Bassi: la Croazia è terza ed il suo popolo scopre di possedere di nuovo un’ identità.
Ad Agosto Boban rientra a Milanello dove ad attenderlo ,come già detto, c’è Zaccheroni che accartoccia il manuale degli ultimi dieci anni di storia del Milan, rinunciando alla difesa a quattro schierando la squadra con un offensivissimo 3-4-3 ,con centrocampo a rombo.
In molti, anche tra i giocatori, storcono il naso: è un atto di lesa maestà. L’inizio di campionato, non esattamente buono, non aiuta l’ambiente, il rientro a pieno regime di Boban, che tra l’altro eredita la 10 di Savicevic, stabilizza però la squadra che comincia a collaudarsi e a macinare risultati lanciandosi all’inseguimento della Lazio. Il croato gioca su livelli ,visti solo nel precedente mondiale: è versatile, geniale nell’ultimo passaggio e grintoso nel recuperare palloni, per di più il nuovo ruolo di trequartista esalta alla massimo le sue caratteristiche, il suo stile di gioco è arte bizantina, mosaico di meraviglia per gli occhi.
L’incontro più importate quell’ anno è quello con la Juventus a Torino, è la terz’ultima di campionato ed il Milan è a -1 dalla Lazio capolista dopo aver recuperato un divario arrivato anche a 7 punti alla metà del girone di ritorno. I rossoneri si portano in vantaggio nel secondo tempo con una rete Weah ma la partita rimane equilibrata, servirebbe un’ invenzione del 10 croato per chiuderla, che puntuale arriva sottoforma di passaggio millimetrico, pennellato sui piedi di Weah che deve solo insaccare, 0-2 e speranze di scudetto ancora vive.
La settimana successiva succede l’imponderabile, la Fiorentina ferma la Lazio con un pareggio per 1-1 mentre il Milan passeggia su un Empoli già condannato alla B, è il sorpasso, i rossoneri sono primi ad una partita dalla fine. L’ultima giornata è un tornado di emozioni la Lazio vince e il Milan passa a Perugia, grazie ad un super Abbiati che para anche quello che non può, Boban ed il Milan festeggiano così lo scudetto più inaspettato della loro storia, cancellando critiche e delusioni.
I due anni successivi sono anni transitori dove comunque Zvonimir offre ancora perle del suo genio calcistico per i palati più sopraffini, intervallante da infortuni che ne minano la continuità, sono gli ultimi canti della “maschera nera di Croazia”. Nel 2001 il Milan ed il suo spadaccino si separano consensualmente, inutile portare avanti un rapporto a forza col rischio che questo si laceri, prova l’esperienza al Celta Vigo, ma il suo cuore è rossonero e dopo due mesi smette definitivamente col calcio.
Finita la carriera Zvone si dimostra, per l’ennesima volta, uomo non banale, si laurea in storia all’università di Zagabria dimostrandosi poi un illuminato opinionista negli studi di milanesi di Sky dove si reca ogni fine settimana ascoltando in cuffia, durante il viaggio dalla Croazia, la Divina Commedia di Dante. Se gli si chiede l’autore preferito risponde Dostoevskij, se gli si chiede chi sarebbe voluto essere risponde il Brunelleschi, se gli si chiede in che epoca sarebbe voluto vivere ti dice Rinascimento fiorentino ma anche civiltà classiche di Grecia, Roma ed Egitto, ma non provate a definirlo intellettuale è solamente un uomo che intende sapere il più possibile sulla vita.
Questo dimostra la coerenza tra il modo di vivere ed il modo di giocare, d’altronde Boban è e sarà per sempre così, un artista guerriero dallo sguardo glaciale che ha

NELLA SCARPA IL GUANTO, NEL PIEDE IL PENNELLO.

BOBAN

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