BOHEMIAN RHAPSODY

Un rumore grattugiato rompe il silenzio della riva seguito da un “click” metallico e dal bruciare del gas, l’uomo dal volto rugoso avvicina la fiamma alla sua sigaretta, tirando una prima lunga boccata scrutando l’orizzonte prima di recarsi al campo di allenamento.

Quei tre rumori assomigliano un po’ al suo modo di fare: dapprima il silenzio, la voce grattugiata che comincia ad emettere un suono e poi tutto d’un tratto , in un click, parole che sembrano una  fiammata di fuoco e infine il ritorno al silenzio.

Fa così Zdenek Zeman, ha sempre fatto così per tutta la vita e non ha certo intenzione di cambiare proprio ora che ha appena fatto il penultimo passo verso i settanta anni.

Una vita in riva (che sia del mare o del lago ,come sta avvenendo in questo periodo, poco importa) che può essere interpretata non necessariamente in modo geografico, una riva intesa, ad esempio, come limite, un filo del rasoio in cui si sta sempre in bilico tra scelte da fare e responsabilità da prendersi.

Zeman in quella zona vicina alla trasparenza, dell’acqua e della vita, si è sempre trovato a proprio agio, un po’ perché con quel suo volto segnato assomiglia un po’ al pescatore di De Andrè, quello col solco sul viso che sembrava un sorriso, un po’perché della trasparenza, in tutti gli ambiti del lavoro e della vita, ne ha sempre fatto una filosofia.

Ora i suoi orizzonti sono un po’ più occlusi, le rive di un lago non permettono la visuale di quelle del mare, anche se nel loro piccolo, al Boemo, stanno regalando soddisfazioni.

Eppure lo immagino nella sua solitudine su una panchina a pensare che quando il suo attuale tridente, Bottani, Culina, Donis, stava per venire al Mondo, lui con Baiano, Signori e Rambaudi il mondo, almeno quello del calcio italiano, lo stava iniziando a ribaltare creando quel luogo utopico ed un po’ gitano che prenderà  il nome di Zemanlandia.

Zeman è giostraio del calcio nostrano, sempre con un’unica filosofia: recuperare palla, fare un gol in più di quello che serve e soprattutto divertire.

E’ un’attrazione strana quella di Zemanlandia, alcuni dopo averla provata ne scendono nauseati altri, divertiti ed estasiati, non vogliono più smettere di provarla. Solo una cosa è certa: una volta giunti al termine della cavalcata, con i suoi continui alti e bassi e le giravolte infernali, non si è più gli stessi.

Rivoluzionario nella sua ripetitività Zeman è la personificazione del modulo che utilizza da tutta la vita: il 4-3-3. Un modulo che, interpretato al modo dell’ allenatore boemo, lascia ben poco spazio alla paura e alla timidezza, anzi permette di liberare gli istinti più repressi lanciandosi all’attacco, perché come dice lo stesso allenatore, “ai giocatori ci piace di attaccare non ci piace di difendere”.

Una filosofia che può essere condivisibile o meno ma che ha al proprio interno la ferrea volontà di cambiare il modo di approcciarsi e di intendere lo sport più bello del Mondo.

Chiariamoci, non è certo una filosofia per tutti, ci vogliono sudore, fatica e determinazione per poterci stare dentro sia fisicamente che mentalmente, ma una cosa è vera: poche squadre sono state così magnificamente belle in Italia come quelle a cui Zeman ha fatto apprendere interamente il proprio credo calcistico.

Ovviamente i fallimenti sono nell’ordine delle cose per un semplice motivo: le squadre allenate da Zeman rischiano e quando ad ogni mano vai in All- in hai la tua buona probabilità di ritornare a casa senza un centesimo in tasca.

Questo però dona ancora più luce alla figura del tecnico praghese che, fermo ormai sulle sue convinzioni da trenta anni, non ha ancora deciso di piegarsi a tutta quella schiera di “pallisti” e pallonari che conoscono per filo e per segno tutte le leggi del calcio e non attendono altro che una sua caduta per far vedere a tutti quanto sono bravi e quanto hanno ragione.

Lasciatemelo dire: queste persone non hanno capito niente del personaggio Zeman ed infatti continuano a giudicarlo con canoni comuni, paragonandolo ad altri suoi colleghi, non comprendendone così la sua unicità nel panorama del calcio mondiale.

La coerenza nella vita e nel mondo del pallone è un pregio sempre più raro, Zeman la persegue comunque, anche se facendolo, molte volte imbocca una strada a senso unico che conduce verso il baratro del fallimento.

Essere Zemaniani o peggio tifosi di una squadra allenata da Zeman è uno dei passatempi più duri al Mondo e non è per forza una battuta, per accogliere in toto il credo del Mister di Praga bisogna totalmente andare contro le leggi naturali non solo del calcio ma anche dell’animo umano.

Al tempo stesso però chi riesce a comprenderlo a pieno, si gode lo spettacolo del rettangolo verde da una visuale e da una prospettiva sconosciuta fino a qualche attimo prima venendo certamente ripagato dello sforzo.

Con lui in panchina tutto si ribalta, quando la normale logica umana ti inviterebbe al controllo della situazione lui ti ordina di andare all’attacco, quando per vincere basterebbe l’uno a zero lui vuole il secondo gol, quando qualcuno gli fa notare quando sia importante la difesa lui risponde che se si fa un gol in più degli altri della difesa non interessa a nessuno e che la vittoria non sempre regala la felicità perché il risultato è casuale, la prestazione non lo è mai.

Per quanto riguarda questo aspetto si accomuna ancora una volta alla figura di De Andrè in questo caso nell’idea della “direzione ostinata e contraria”che è tanto cara al cantautore genovese.

Questo è il grande lascito al nostro calcio di Zdenek Zeman: il perseguimento della propria direzione ostinata e contraria in un mondo ed in un paese dove l’ipocrisia e l’incoerenza la fanno da padrone . Tutto questo va al di la delle sue lotte sul doping e sul calcio pulito, per cui ha pagato un conto salatissimo con un esilio forzato durato anni, va oltre anche a chi per screditarlo si appende costantemente ai suoi insuccessi ed ai continui esoneri, l’eredità di Zeman sta nell’ aver fatto capire a chi lo ha apprezzato che molto spesso chi pensa in maniera diversa sotto certi aspetti ha già vinto in partenza.

Ora però basta con le parole, l’allenamento è terminato è tempo di tornare nuovamente a quella riva, l’uomo dal volto rugoso scruta l’orizzonte, porta la sigaretta alla bocca ed è di nuovo un “click”.

zeman

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