THE CAP AND THE TRUTH

Centimetri, una delle più piccole unità di misura che esistano, per alcuni non hanno alcun valore per altri possono significare tutto, è l’assurdità della nostra esistenza ma anche per certi versi la grande bellezza che si cela dietro al suo mistero.
Ma quanto c’è quei centimetri? Quanto va perduto? Quanto si guadagna? Quanto valgono quei centimetri?
Nello Sport sono la linea di demarcazione tra vittoria e sconfitta, tra successo e caduta, nella vita possono valere molto, molto di più. Ci sono però alcune circostanze, alcuni eventi che riescono a farle mescolare creando storie che trascendono il materialismo determinato dai numeri arrivando a toccare le più alte vette dell’anima.
Una di queste Storie è certamente quella di Paul Pierce.
Paul Pierce nasce a Oakland il 13/10/1977. Frequenta la High School di Inglewood a Los Angeles, passando poi, nel 1995, all’università’ del Kansas dove al primo anno viene nominato Freshman of the Year della Big Eight a pari mierto con C. Billups.
Gli anni del College sono caratterizzati da una crescita costante grazie alla sua formidabile etica del lavoro e al sostegno della madre, il tutto si traduce in 20.4 ppt nel suo terzo anno di college e in una laurea in criminologia, che lo portano nel 1998, a dichiarasi eleggibile nel Draft NBA, dove viene selezionato alla decima chiamata dai Boston Celtic.
La forte competitività, fattore necessario nel DNA di un campione, lo porta a essere molto contrariato per una chiamata da lui considerata troppo bassa, tanto che per tutta la pre-season, a ogni punto siglato, esulta urlando i nomi di coloro lo hanno preceduto nel Draft, il riscatto avviene prontamente e alla fine del suo anno da Rookie viaggia già a medie molto alte sia a livello offensivo che difensivo.
In molti prospettano per lui un futuro più che roseo all’interno dell’NBA, ma il destino cinico e baro ha deciso di mischiare le carte e di sottoporlo ad una prova molto più difficile.
È il 25 settembre 2000, Paul e Toni Battie, suo compagno di squadra, sono in un Night di Boston a passare una serata tra amici quando a un certo punto scoppia una rissa all’interno del locale, Paul Pierce è colpito da otto coltellate di cui una passa ad un pollice dal cuore, un pollice, centimetri…
Battie e il fratello lo accompagnano subito all’ospedale, dove viene operato d’urgenza, è praticamente morto.
In momenti così chissà cosa si può pensare, alcuni dicono ti passi davanti tutta la tua vita, altri invece pensano che lo stato di incoscienza in cui ci si trova non permetta di fare ragionamenti, magari pensi a quei centimetri, quelli che hai guadagnato nella vita, lottando, a quelli che ti mancano ancora, oppure ai centimetri che la vita te l’hanno salvata.
Sì perché è proprio così che va, Paul sopravvive e dopo tre giorni (vi ricorda qualcosa) risorge, e si ripresenta al Mondo con queste parole:

«Dico a tutti che mi sento bene e non vedo l’ora di tornare sul campo da gioco e raggiungere i miei compagni».

Dopo undici giorni e di nuovo sul parquet a lottare con i compagni, quello che gli è accaduto lo porta a pensare alla vita in maniera completamente diversa, approcciando il basket non più come un gioco ma come una connessione con il divino, il fatto che abbia subito un danno lo rende più forte moralmente, questo fattore unito ad un talento straordinario lo porta a maturare più velocemente di quanto non avrebbe fatto normalmente.

I risultati di questo nuovo approccio si vedono sin da subito, il gioco di Paul è diventato quasi mistico, a causa delle coltellate va un giro più piano degli altri, ma ha una capacità di controllo fisico ed emotivo che gli permette di azzerare questo gap.
La dimostrazione si ha il 13 marzo del 2001, sette mesi dopo il viaggio aldiquà-aldilà andata e ritorno, Boston affronta i Lakers, nella più classica delle partite NBA, per i Celtics non sono delle grandi stagioni, mancano da molto l’obbiettivo Play-off, mentre i Lakers ,dopo un difficile inizio, si stanno preparando per la cavalcata trionfale che li porterà a vincere il titolo perdendo una solo partita dei Play-off, nelle Finals contro un divino Allen Iverson.
I Lakers sono favoritissimi e confermano il pronostico vincendo 112-107, la prestazione di Paul Pierce è però sublime, 42 punti, tirando 13 su 19 dal campo , è talmente sublime da lasciare stupefatto Shaquille O’Neal che ha termine partita prende in disparte un giornalista di Boston e dichiara:

«Prendi nota, io sono Shaquille O’Neal, e Paul Pierce è “La Verità”. Dammi retta e non dubitare. Sapevo che fosse in grado di giocare, ma non sapevo potesse giocare in questa maniera. Paul Pierce è “La Verità”»

“La verità”, “the Truth”, sarà il soprannome che lo accompagnerà per tutta la carriera.
Dopo aver superato tutte le avversità ed aver ottenuto la legittimazione di una Super star NBA ora bisogna vincere, ma ai Celtics di inizio millennio l’impresa sembra non riuscire particolarmente bene. Paul è il leader tecnico e morale della squadra, nonché capitano: lotta, segna e si danna l’anima, ma il roster non è competitivo, nel 2005-2006 arriva in panchina Doc Rivers, ma i play-off sfumano ancora, l’anno successivo un grave infortunio al piede lo tiene fuori a lungo e per gli ex gloriosi Celtics arriva un’altra stagione da dimenticare. 
La frustrazione lo tormenta e nell’estate 2007 pensa seriamente di lasciare Boston a meno che non venga allestita una squadra per puntare al titolo e così avviene , arrivano Ray Allen, Kevin Garnett ed un giovanissimo Rajon Rondo, con Paul Pierce e la forza sotto canestro di Kendrick Perkins il quintetto è completo, ora si può puntare al titolo.
La stagione è di altissimo livello, 66 vittorie, i play-off confermano il fatto che ,dopo quella tragica notte del Settembre 2000, “the Truth” ha un tessuto connettivo nervoso diverso dagli altri esseri umani.
Si rende protagonista di una super gara 7 contro i Cleveland Cavaliers di Lebron James nelle semifinali di Conference, siglando 41 punti facendo accedere Boston alla finale ad Est contro Detroit.
Superati i Pistons, per Paul e compagni si spalancano le porte delle NBA finals, le prime per la maggior parte degli elementi del Roster, contro i rivali storici, i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant e Pau Gasol.
In gara -1, il capitano dei Celtics lascia subito il segno, durante il terzo -quarto si infortuna gravemente, abbandona il campo dolorante, alcuni dicono addirittura in sedia a rotelle, ma dopo pochi minuti rientra sul parquet segnando, da li in poi ,15 punti sui 22 totali della squadra portandola alla vittoria col punteggio di 98-88.
Tutti i Play off vengono giocati ad un livello impressionante da Paul e da Boston che conquista la vittoria in Gara 6 con uno schiacciate 131 a 92, in una delle partite meno equilibrate della storia delle NBA finals, per di più il capitano viene premiato come MVP, sancendo definitivamente la sua entrata nella storia dei Celtics e del Basket mondiale.

“Credi che Kobe Bryant sia il miglior giocatore del mondo?”

Paul Pierce: «Non credo che Kobe sia il migliore. Io sono il migliore. C’è una linea che separa l’avere fiducia, dall’essere borioso. Io non ho superato quella linea, ho solo molta fiducia in me stesso».


Dopo quella vittoria tanto agognata, i Boston Celtics si confermano squadra di vertice della NBA arrivando in finale l’anno successivo contro i Lakers, finale che però li vedrà sconfitti, il gruppo consolidato e vincete permette anche a Pierce di battere numerosi record di franchigia mantenendo sempre quella freddezza nei momenti decisivi che lo rende elemento speciale all’ interno di questo sport.
Nel 2012 Boston affronta gli stra-favoriti,e futuri campioni, Miami Heat di Lebron James nella finale di Conference, la serie è molto equilibrata ,si arriva a gara 5, in casa di Miami, sul 2-2, a 55 secondi dal termine il punteggio è di 87-86 per Boston, servirebbe una giocata per ammazzare la partita, e Paul spiega di nuovo a tutti ,se ce ne fosse bisogno, il significato del suo soprannome. Prende palla appena fuori la linea del tiro da tre, marcato da Lebron James, e spara una parabola perfetta che trova solo la retina.
La partita va a Boston ma la serie a Miami che la conquista in una sudatissima gara -7.
Il tempo dei Boston Celtics è finito, quello è l’ultimo canto del cigno è un canto sublime certo ma è pur sempre l’ultimo, inizia una diaspora che vede andarsene subito Ray Allen e successivamente Kevin Garnett e lo stesso Paul Pierce che porta i suoi servigi a Brooklyn prima e a Washington poi, risultando, nonostante l’età, di nuovo decisivo per le sorti della sua squadra.
Ora è passato ai Clippers, per regalare ancora emozioni e giocate spettacolari ai suoi tanti tifosi, la sua vita ne vale comunque cinque delle nostre e per questo non lo ringrazieremo mai abbastanza, lui è morto in quella sera di Settembre e il sopravvivere alla morte ha cambiato la sua percezione dell’esistenza, regalando a tutti noi una delle più grandi storie di Sport.

“Tutto può esserci tolto tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al Mondo che valga la pena di avere.”
(v per vendetta)

paul

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